Cooperazione

Quando le imprenditrici sono “strane”: la mente neurodiversa può essere una risorsa (e non un problema)

"Con "Strane imprenditrici" - spiega la presidente di Tice Francesca Cavallini - noi puntiamo sul potere dell'impresa incentrata su di sè, sulla ricerca di una carriera appagante"

centro Tice

Strane sì, ma anche creative e potenziali imprenditrici di sé stesse, magari nel campo del sociale. Perchè capaci di rispondere a bisogni che conoscono assai bene sulla propria pelle di “neurodiverse”. La cooperativa Tice crede che l’autoimprenditoria possa costituire una risposta di realizzazione personale e un’opportunità di vita per tante donne neurodivergenti, ovvero affette da autismo, dislessia, disturbi dell’apprendimento, deficit di attenzione. Per questo ci ha costruito un progetto e lo ha chiamato “Strane Imprenditrici”, recentemente classificatosi al terzo posto al Premio “Protagoniste in Sanità”, legato all’obiettivo di “riconoscere il merito ai soggetti impegnati nel superamento del gender gap culturale, sociale ed economico e nell’apprezzamento del ruolo centrale della donna all’interno della famiglia e della comunità”.

“Con “Strane imprenditrici” – spiega la presidente di Tice Francesca Cavallini – noi puntiamo sul potere dell’impresa incentrata su di sè, sulla ricerca di una carriera appagante, in alternativa a un percorso professionale tradizionale che spesso non trova sbocchi per persone con disabilità di questo tipo”. L’interesse per la creazione di una forza lavoro neurodiversa è certamente cresciuto tra le aziende negli ultimi anni, almeno in alcuni Paesi. Ma in Italia c’è ancora poca attenzione nell’incoraggiare le persone neurodiverse a prendere in considerazione l’idea di lavorare come imprenditrici.

“Parliamo di autismo, dislessia, disturbi dell’apprendimento, deficit di attenzione, – prosegue Cavallini – tutte problematiche che sono sottostimate nella popolazione adulta ed in particolare tra le donne. Intanto perchè rispetto ai maschi sono sempre meno indagate, e poi hanno imparato a camuffarsi molto meglio. Le diagnosi di questo tipo sono in aumento nelle persone adulte e la scoperta di una neurodivergenza in età non infantile rappresenta l’apertura di una fase nuova della propria vita, spesso l’avvio di un percorso che può allontanare dall’ansia e dalla depressione e permettere di non restare soli”. “E’ più facile che le persone che definiamo neurodivergenti, in particolare le donne, – sottolinea – nei team propongano idee innovative, mentre nei contesti di lavoro più tradizionali e codificati scontano invece maggiori difficoltà nell’emergere rispetto a soggetti cognitivamente intatti. Noi pensiamo che l’autoimprenditorialità e il lavoro autonomo possano costituire una risposta innovativa, per provare a creare un’impresa incentrata su di sè e che risponda alle proprie aspirazioni e al desiderio di affermazione”.

“Non a caso all’interno del progetto che ci è stato finanziato dal Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio – annota Cavallini – abbiamo inserito anche la traduzione in italiano di un testo scritto a quattro mani da due colleghe psicologhe autistiche inglesi che raccoglie numeri, statistiche e una casistica di donne neurodiverse che sono diventate imprenditrici, nel 60 per cento dei casi operando nel sociale. Ad esempio si racconta la storia di una persona affetta da un deficit dell’attenzione con iperattività, che ha aperto una palestra per sole donne. Spesso le risposte migliori ai bisogni di persone con moderata disabilità vengono da attività avviate da soggetti che vivono in prima persona la stessa problematica e proprio per questa ragione sono in grado di dare una soluzione adeguata. Nel libro viene condotto uno studio su questi casi in Inghilterra, noi non lo abbiamo soltanto tradotto, ma anche adattato e culturalizzato alla situazione italiana. Ad esempio viene sottolineato che i nostri centri per l’impiego alle persone neurodiverse non propongono quasi mai l’autoimpreinditoria, magari si cercano lavori “tranquilli” o a bassa complessità perchè la logica è soltanto quella di trattare con un problema e non vedere le opportunità”.

Ci sono esempi di realtà produttive che cercano “talenti neurodiversi” da inserire in contesti aziendali “inclusivi”, come nel caso di Auticon, che ad esempio ricerca persone autistiche per aziende high tech. “Il centro Tice si può considerare una sorta di pioniere in Italia – conclude Cavallini – su questo target di persone, alle quali prospettare la strada dell’autoimprenditorialità come risposta innovativa ai bisogni di realizzazione e all’analisi del proprio potenziale. L’obiettivo del nostro progetto è quello di passare dalla teoria alla pratica, a partire dalla redazione di un business plan che possa supportare l’avvio delle attività. Proprio su questi aspetti il nostro team sta operando per arrivare a breve alla partenza delle prime esperienze di imprese autonome”.

Silvia Iacomini Tice
Silvia Iacomini del centro Tice ha scritto una tesi di dottorato sul progetto “Strane imprenditrici”

 

STRANE IMPRENDITRICI – Il progetto “Strane imprenditrici”, che trova le sue origini teorico-culturali nel femminismo intersezionale, prevede di incentivare occupabilità e imprenditorialità delle donne neurodiverse attraverso una serie di azioni che riguardano l’informazione, la formazione e la diffusione di una cultura imprenditoriale realmente inclusiva. “Nella nostra visione – fa sapere la cooperativa Tice – il mondo della sanità e in particolare della sanità privata ha bisogno di più donne imprenditrici, e se sono neurodivergenti è un vantaggio”. Il progetto Strane imprenditrici, finanziato dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha previsto: 1) il finanziamento di otto borse di studio per psicologhe neurovidergenti per consentire l’iscrizione a un Master dell’Università degli Studi di Parma. Il Master Aba è un master attivo dal 2011 e forma psicologi e psicologhe che siano esperti in Aba (una metodologia di lavoro con bambini e adolescenti neurodivergenti) ma siano anche in grado di ‘startappare’ una impresa sociale.

Dal 2011 il Master ha promosso l’apertura di 15 startup a vocazione sociale in prevalenza guidate da donne e nel 2019 è stato pubblicato uno studio in cui sono riportati i risultati del master in termini di autoimprenditoria (Cavallini, F., Carpitelli, A., Corsano, P., & Cihon, T.M., 2019); 2) la seconda attività è stata l’attivazione di un dottorato di ricerca innovativo in collaborazione con l’Università degli Studi Magna Græcia di Catanzaro per studiare l’impatto della neurodivergenza in diversi ambiti della vita delle persone e in particolari delle madri. In seguito all’espletazione delle procedure previste dal bando di selezione e alla pubblicazione della graduatoria finale di merito nonché del decreto di assegnazione di borse e progetti.

3) la terza azione ha riguardato la Traduzione e adattamento del testo di Dinah Bennett e Yolanda K. Gibb – Entrepreneurship, Neurodiversity & Gender (2022), attraverso l’impiego per 6 mesi di una psicologa di Tice (35 ore settimanali). Il calcolo del costo complessivo dell’attività è riportato in apposita tabella. L’edizione italiana si intitola ‘Imprenditorialità, neurodiversità e genere (2023)’, ed è edita con ISBN 9788873135630 da Edizioni Lavoro.

Cavallini
Francesca Cavallini