Sociale

“Sull’autismo più consapevolezza e lavoro in rete. Importante intervenire presto”

Al centro Tice di Piacenza sono 25 i bambini da zero a sei anni che seguono i percorsi proposti dai professionisti insieme ad altri 15 con altre condizioni

samantha giannatiempo

Se in Italia sappiamo che un bambino su 77 soffre di un disturbo dello spettro autistico (con i maschi colpiti quattro volte in più delle femmine), con un incremento del 1000% negli ultimi 40 anni, ad oggi a Piacenza i minori seguiti sono 374 (più 184 adulti). I numeri, riferiti solo alle persone seguite dai servizi di Neuropsichiatria infanzia e adolescenza e dal Centro di salute mentale dell’Ausl, sono stati resi noti dalla Regione Emilia-Romagna in occasione della Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo che cade il 2 aprile. Negli anni la consapevolezza sui disturbi dello spettro autistico è cresciuta, così come l’informazione e la rete di servizi integrati che coinvolge le strutture pubbliche, le scuole e i centri privati. E soprattutto si interviene prima, con diagnosi precoci che fanno aumentare la probabilità di recuperare alcune funzionalità.

Al centro Tice di Piacenza sono 25 i bambini da zero a sei anni che seguono i percorsi proposti dai professionisti insieme ad altri 15 con altre condizioni come ritardo nel linguaggio o iperattività. È un gruppo di quaranta bambini, alcuni dei quali presentano comorbidità. Samantha Giannatiempo, pedagogista e manager di sede che supervisiona l’area di intervento intensivo precoce, ci spiega che “l’intervento è multidisciplinare: soprattutto nei primi anni è necessario lavorare in team, per cui oltre a me c’è anche una terapista della psicomotricità e una psicologa psicomotricista”. Per ogni bambino si stabilisce, in base alle necessità e alle esigenze della famiglia, un percorso di riabilitazione mirato sulle attività da potenziare, che può essere più o meno intensivo. I bambini arrivano a Tice con una diagnosi già elaborata o anche già inseriti in un percorso dell’Ausl.

autismo

Si parla di “spettro autistico” perché le manifestazioni dei disturbi possono essere molto diverse e con vari livelli di gravità e sfumature. Ad accomunarli sono i deficit a livello dell’interazione sociale e la presenza di comportamenti o interessi caratterizzati da ristrettezza o ripetitività. “Distinguiamo fra disturbi ad alto, medio e basso – spiega Giannatiempo -, nel primo caso (livello 1) non c’è alcun deficit cognitivo e si riesce a operare meglio, negli altri due casi (livelli 2 e 3) c’è una difficoltà maggiore perché vengono intaccate le capacità cognitive. I disturbi ad alto funzionamento permettono con maggiore probabilità alle persone, al termine del percorso, di condurre una vita ‘normale’. In caso di basso funzionamento, invece, anche con un percorso non è detto che si riesca ad arrivare a un’autonomia”.

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Esiste anche un “sommerso”, ossia una parte di popolazione – sia bambini che adulti – che non si accorgono (o rifiutano) di avere un disturbo dello spettro autistico. Anche se oggi, grazie al lavoro coordinato fra insegnanti, famiglie e professionisti sanitari, la fetta di chi non riceve cure è molto sottile. “C’è molta collaborazione con le scuole – dice Samantha Giannatiempo -, spesso sono gli insegnanti ad accorgersi di una possibile difficoltà e a segnalarlo ai genitori, che poi decidono di rivolgersi ai professionisti. Anche per i genitori esiste un percorso diagnostico di parent training per far loro capire che bisogna intervenire il prima possibile”.